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Gay & Bisex

Pompa di calore


di Darkdaddy
26.04.2022    |    14.385    |    14 10.0
"Luigi lo accese, ma, a parte la lucetta verde in basso a destra, non successe nulla..."
Era una primavera anomala. Dopo un inverno tutto sommato mite, marzo era stato un mese di piogge e di gelate notturne, ed aprile era iniziato con un improvviso aumento delle temperature diurne, tanto da arrivare anche a 27 gradi, salvo poi scendere di notte fino a 10 gradi.
Tuttavia, il peggio fu raggiunto a maggio: già all’inizio del mese la colonnina segnava 30 gradi, con una umidità sempre più crescente. A peggiorare le cose, il condizionatore d’aria aveva provocato un corto circuito col primo utilizzo, ed il padrone di casa non ne voleva sapere di aggiustarlo, dato che, secondo lui, bastava tenere spalancate le finestre per creare un buon giro d’aria.
Riccardo, già provato da lunghe giornate stressanti al lavoro, decise di provvedere lui stesso alla riparazione, chiamando un tecnico il cui numero gli era stato passato da una nuova collega, una neolaureata dell’ufficio acquisti.
Gli inviò un messaggio su WhatsApp spiegandogli il guasto, indicandogli la zona, e mandandogli anche una foto del condizionatore stesso. Ottenne una risposta a breve giro, piuttosto scarna, che implicava una visita in loco per poter stabilire esattamente cosa andava sistemato.
L’unica disponibilità era dopo quattro giorni, e nemmeno di mattina o di sera, ma proprio a mezzogiorno: Riccardo si rassegnò all’idea di dover rinunciare al pranzo del sabato con gli amici, per cui accettò prontamente, sperando di sistemare il tutto velocemente e senza spendere un patrimonio.
In quei giorni trascorse più tempo possibile in ufficio per non dover patire il caldo afoso in casa.
Il venerdì sera, per scaricare la tensione, decise di farsi una corsa lungo l’argine del fiume, uscendo senza maglietta, visto il caldo anche alle 21. Non era un patito del fitness, ma correre lo aiutava a ridurre lo stress, e gli permetteva di concedersi aperitivi e cene fuori senza effetti devastanti sul suo fisico da trentenne ormai prossimo ai quaranta. Percorse una decina di kilometri, sudando copiosamente, tanto che il sudore gli scendeva sugli occhi impendendogli talvolta di tenerli ben aperti. Il sudore rendeva anche semitrasparenti i pantaloncini, tanto che la forma del suo cazzo da 20 centimetri era ben visibile ai passanti più attenti. Una volta a casa, si fece una lunga doccia, cenò con una insalata di pesce, e prima di andare a dormire si docciò nuovamente, per togliersi il senso di sudore che lo avvolgeva in quell’appartamento. Dormì completamente nudo, con le finestre spalancate, tenendo comunque gli scuri chiusi, e si cosparse di spray antizanzare, sorridendo al pensiero che l’indomani avrebbe potuto finalmente dormire al fresco.

Il tecnico arrivò con mezz’ora di ritardo: Riccardo, molto prussiano inside, lo aveva già chiamato due volte, temendo che non si facesse vivo. Nonostante le due docce mattutine, stava sudando copiosamente, per cui indossava solamente dei pantaloncini da corsa.
Aprendogli la porta, rimase piacevolmente colpito da quanto vide. Si trattava di un ragazzo piuttosto alto, sui 23, 25 anni, di carnagione olivastra, coi capelli neri ed una barba di cinque giorni. Indossava una tuta da lavoro, con una cerniera aperta fino a metà torace, senza t-shirt sotto, scoprendo un petto peloso.
“Salve, sono il tecnico… mi chiamo Luigi, piacere. Scusi il ritardo, ma ho avuto un imprevisto con la cliente precedente… non mi lasciava più andar via”.
“E ti credo”, sfuggì a Riccardo.
Luigi dapprima arrossì, poi si spiegò meglio: “Diciamo che il caldo le aveva fatto brutti scherzi”.
‘Hai capito questo Luigi’, pensò Riccardo.
Come se lo avesse letto nel pensiero, Luigi spiegò che non era successo nulla, nonostante la donna si fosse prodigata in frasi a doppio senso e sguardi maliziosi.
“Di solito non indosso una tuta così senza t-shirt sotto, però con questo caldo indosso solo la tuta e nient’altro”.
Riccardo si mise a ridere e lo invitò a mettersi a proprio agio, perché in quell’appartamento faceva un caldo bestiale ed avrebbe sudato come non mai con quella tuta addosso.
“Ah grazie… qui di sicuro non corro rischi!”, disse tirando giù la lampo della tuta, fino all’elastico in vita, che teneva su i pantaloni, rimanendo anch’egli a torso nudo. Aveva un torace possente, coi pettorali ben definiti, ricoperti di folti peli quasi ricci, e l’addome i cui peli segnavano gli addominali. E aveva dei piercing ad entrambi i capezzoli, delle barre con dei pallini alle estremità. Notando l’attenzione di Riccardo, si mise le mani sui capezzoli, sorridendo, ignaro di stuzzicare ulteriormente la fantasia di quell’uomo in pantaloncini da corsa.
“Allora, questo è il condizionatore che non funziona, giusto?”.
“Esatto, c’è solo questo: l’appartamento è piccolo e non ne ho bisogno di due”.
Luigi lo accese, ma, a parte la lucetta verde in basso a destra, non successe nulla.
“Lo usa anche d’inverno?”.
Riccardo lo guardò come se fosse stupido, per cui Luigi si affrettò a spiegare che quel modello poteva essere utilizzato anche come fonte di calore in inverno.
“Ah! Pensavo ti riferissi all’aria condizionata… No, mai usato d’inverno per riscaldare”.
“Mi può mostrare dove si trova la pompa di calore?”, gli chiese, calcando l’accento sulla parola ‘pompa’.
“È installata qui fuori, sul terrazzino della cucina”.
Uscirono entrambi sul piccolo terrazzo che dava nella corte interna del palazzo. Luigi si piegò sulle ginocchia ed esaminò la pompa di calore. Riccardo non resistette alla curiosità di sbirciargli il culo, visto che l’elastico era sceso un po’, lasciando intravedere il solco dei glutei. Luigi si rialzò di scatto e andò a prendere la cassetta degli attrezzi, per poi rimuovere la copertura della pompa ed esaminarne i componenti. Mettendosi nuovamente in ginocchio, l’elastico scese nuovamente, stavolta a metà delle chiappe, scoprendo buona parte del solco intergluteo. Si notavano più peli sul culo, in particolare proprio in mezzo alle chiappe si poteva dedurre che questo bel tecnico avesse un culo proprio peloso.
I pantaloncini si stavano intanto gonfiando, nonostante lo sforzo mentale di Riccardo di pensare alle cose meno sessuali possibili: quel culo prometteva troppo bene, e lui non era più in grado di controllarsi, tanto che la punta della cappella stava uscendo di lato dai pantaloncini.
“Ma guarda che roba!”.
Riccardo si spaventò, ma capì ben presto che Luigi si riferiva alla pompa di calore.
“Sembra che il compressore sia completamente andato! Qui bisogna sostituirlo, oppure cambiare completamente la pompa di calore”.
Si rimise in piedi, senza sistemarsi l’elastico, ed informò Riccardo che doveva informarsi circa i costi, a meno che non ci fosse un compressore usato riutilizzabile, per cui se la sarebbe cavata con poco”.
L’idea di trascorrere altri giorni al caldo scemò d’improvviso la sempre più evidente erezione di Riccardo, aiutandolo a focalizzarsi sul da farsi.
“Chiamo il mio datore di lavoro, e gli chiedo se abbiamo in magazzino un compressore usato”.
Mentre era al telefono, Luigi si grattò istintivamente il fondoschiena, facendo scendere ancora un po’ l’elastico. Stavolta scoprì anche dei peli pubici, che passò poi a grattare con la mano, aizzando il suo cazzo già un po’ barzotto per le troppe eccitazioni della giornata.
Nel frattempo, Riccardo si era risistemato il suo bel cazzo nei pantaloncini ed era entrato a bere un tè freddo. Dopo aver bevuto, appoggiò la bottiglia fredda sul pacco, per raffreddare i bollenti spiriti. Prese un altro bicchiere, e versò del tè per il tecnico, pensando di fare cosa gradita.
Si avvicinò proprio mentre Luigi chiudeva la telefonata. Il viso si illuminò con un grande sorriso quando vide il tè freddo, e scolò il bicchiere con una sola sorsata. Delle gocce caddero sul petto, unendosi al sudore che ormai lo copriva. Tirò un sospiro di sollievo e si passò il dorso della mano libera sulla bocca, e poi la stessa mano scese sul torace peloso, facendo spargere un po’ ovunque gocce brillanti di sudore. Riccardo ammirò quel petto così virile e rimase imbambolato quando Luigi gli porse il bicchiere per avere altro tè.
Luigi appoggiò il bicchiere sul tavolo, si sistemò meglio la tuta, ed aggiornò Riccardo circa la telefonata.
“Un mio collega mi porta il pezzo di ricambio, così le sistemo la pompa. Dovrebbe arrivare tra mezz’ora circa… Ah, mi scusi, le ho schizzato un po’ di sudore dappertutto…”.
Davvero non si era accorto che Riccardo se lo stava mangiando con gli occhi?
“Le credo che non resista senza aria condizionata qui, si muore davvero di caldo! Per forza rimane quasi nudo, è l’unico modo per resistere, oltre a quello di farsi una doccia ogni ora”.
Dopo avergli riempito il bicchiere, ed averlo osservato attentamente, notò come i pantaloni fossero scesi ancora un po’, scoprendo buona parte del culo. ‘Ed ora che si fa? Gli mangio il culo mentre beve un terzo bicchiere di tè?’, pensò Riccardo.
“Scusa se te lo faccio notare… ti sono scesi i pantaloni”.
“Oh cavolo… mi scusi… grazie per avermelo fatto notare”. Si sistemò alla bell’e meglio, tirandoseli su fin quasi all’ombelico, con lo sguardo rivolto in basso per la vergogna.
“Figurati… immagino che quella tuta non sia così adatta a questo caldo!”.
“Eh per nulla… però è policy aziendale indossarla, per cui non posso esimermi…”.
Citofonarono: era il collega di Luigi che portava il pezzo di ricambio. Si rimise la tuta, pur lasciandola aperta sul davanti, e Riccardo si infilò una canotta appoggiata ad una sedia. Entrò un uomo sui cinquant’anni, altezza media, capelli rasati e piuttosto corpulento. Modi bruschi, probabilmente infastidito dal fatto di essere ancora al lavoro a quell’ora di sabato.
“Grazie mille zio!”. L’uomo fece un semplice cenno di assenso, guardandosi attorno e squadrando velocemente Riccardo da testa a piedi, senza che se ne accorgesse.
“Zio?”.
“Sì, lui è mio zio, nonché mio datore di lavoro”.
“Lavoro part-time, specifichiamo”.
“Cioè – chiese Riccardo – hai un altro lavoro?”.
“No, no, ma studio ingegneria e quando non ho corsi o sessioni di esami, do una mano a mio zio Alfredo”.
“Luigi, basta chiacchiere… Sei capace di sostituirlo da solo? O hai bisogno di una mano? Cazzo che caldo che fa qui dentro…”, e si aprì la tuta proprio come Luigi, facendo scendere la cerniera fino all’ombelico. Anch’egli sfoggiava un petto peloso, con alcuni peli già ingrigiti. Riccardo li fissò per un attimo, e poi gli offrì del tè freddo.
“Non ti dico di no, grazie mille”, fece quello prendendo il bicchiere e bevendone metà contenuto.
“Luigi, mettiamoci all’opera così in tutti e due finiamo prima e si va a casa. Meglio essere certi che tutto funzioni come dovrebbe”.
“Va bene zio. La pompa è di là”. Nel dirlo, Luigi abbassò nuovamente la cerniera, scuotendo con entrambe le mani la tuta aperta per farsi aria.
“Stai prima a toglierti la parte di sopra, se hai caldo. Fortuna che il terrazzino dà verso nord, altrimenti ci potremmo cucinare qui fuori!”, disse l’uomo, sfilandosi le maniche della tuta ed arrotolandola attorno alla vita. Aveva un torace possente, ricoperto di peli, anche un po’ sulla schiena.
“Non ti dà fastidio, vero? Altrimenti ti lascio un lago di sudore qui sul pavimento!”.
“Si figuri, non si faccia problemi... si muore di caldo anche oggi!”.
“Già, e tu devi morire di caldo ogni volta che stai in casa… ti credo che stai in mutande e canottiera, fossi in te rimarrei completamente nudo, e al diavolo i vicini curiosi!”.
“Veramente, sono pantaloncini da corsa – sorrise Riccardo – comunque sì, stando nudi è più sopportabile, anche se l’aria condizionata…”.
“Non badare a noi, sei a casa tua per cui mettiti pure comodo come preferisci”, e si mise in ginocchio davanti alla pompa di calore, facendo scendere i pantaloni e scoprendo parte del culo. Anche Luigi si piegò, poggiando le ginocchia sul pavimento, e piegandosi in avanti così da far scendere i pantaloni praticamente sotto le chiappe. Riccardo alla vista di quei due culi così virili, con quei peli che si intravedevano nel solco intergluteo, si infiammò in volto e gli scoppiarono i pantaloncini, tanto che il cazzo ormai di marmo uscì a sinistra, mostrandosi per buona metà con la cappella in fiamme.
Fece appena in tempo a nasconderlo che Luigi si voltò per recuperare la cassetta degli attrezzi. Si guardarono negli occhi, e con nonchalance Luigi afferrò quello di cui necessitava: forse non si era accorto di nulla, o forse aveva ignorato il gonfiore nei pantaloncini.
Riccardo, quasi in trance, si avvicinò ai due uomini, osservandoli di spalle: quelle due schiene possenti e la visione di quei culi così maschi lo eccitavano sempre di più. Ebbe un barlume di lucidità e decise di andare in bagno per segarsi, prima che la situazione gli sfuggisse di mano. Si tolse la canotta, si abbassò i pantaloncini, e cominciò a segarsi con la mano destra, mentre con la sinistra si accarezzava i capezzoli, immaginando la lingua di Luigi sulla sua cappella e quella dello zio sul culo.
Era talmente preso dalle sue fantasie che non si accorse che lo stavano chiamando: quando senti la porta del bagno aprirsi, non poté far nulla per dissimulare, dato che Luigi rimase imbambolato alla vista di quel cazzone bello duro.
“Ehm… noi abbiamo finito… scusi, la porta era aperta e non sapevo… “.
Riccardo si interruppe anche se era prossimo alla sborrata, si infilò il cazzo nei pantaloncini, e si mise di nuovo la canotta. Sorrise imbarazzato al ragazzo, che continuava a fissargli il pacco. Quando si trovò sull’uscio della porta, invece di lasciarlo passare, il ragazzo allungò la mano e tastò per bene il cazzo di Riccardo, estasiato da cotanta abbondanza, mormorando qualcosa.
“Luigi, io vado intanto, regola i conti tu”, disse lo zio in lontananza.
“Va bene zio, sistemo tutto io”, mormorando qualcosa che Riccardo non riuscì a comprendere nemmeno quella volta.
Non sapeva proprio cosa fare: quel ragazzo era dannatamente sexy, però non gli sembrava il caso di sputtanarsi col tecnico introdotto dalla sua collega… e mentre pensava ciò, il ragazzo gli aveva abbassato i pantaloncini per ammirare il cazzone in tutta la sua gloria. Prese a massaggiargli i coglioni, stuzzicando così l’asta che sussultava ad ogni palpata più decisa, mormorando nuovamente qualcosa.
“Cos’hai detto?”, chiese Riccardo, come se fosse l’unica domanda da porre, tralasciando il fatto che il tecnico dell’aria condizionata aveva le sue palle in mano ed era incantato alla vista del suo cazzone.
“Ha il cazzo uguale a quello di mio zio”, rispose Luigi, sempre fissandoglielo.
“Tuo zio, cioè quello che se n’è appena andato?”, sbalordito da simile risposta.
“Sì, proprio lui… ha un cazzo sui 20 centimetri, bello grosso, con la cappella importante come la sua”.
“E tu come fai… oddio avete fatto… madooo che situazione”.
A questo punto Luigi alzò la testa e volse lo sguardo verso Riccardo, sorridendogli pacificatamente.
“Qualche anno fa mi ha sgamato che mi tiravo una sega in un cantiere, guardando un porno gay al telefono. ‘Basta con questi telefoni, la realtà è migliore’, e se l’era tirato fuori. Vedendo quel cazzone, mi ero inginocchiato come in trance, ed avevo aperto la bocca. Lui si era avvicinato, facendosi fare una pompa. Dopo di allora, è capitato qualche altra volta, ed è stato anche il primo a scoparmi… vedo che al suo cazzone piacciono queste storie!”.
In effetti, il cazzo di Riccardo era solidamente duro, da fargli quasi male. La sua mente continuava a pensare a quel bell’esemplare di giovane maschio, in ginocchio a spompinare un manzo maturo: gli bastava questa sola idea per quasi sborrare senza toccarsi.
“Se vuole, le faccio vedere come l’ho spompinato”, e non diede a Riccardo il tempo di rispondere che già era in ginocchio, guardandolo in faccia, mentre apriva la bocca e ingoiava interamente il suo cazzone. Dovette appoggiarsi con le mani allo stipite della porta per non svenire dalla sensazione di godimento. Luigi pompava e leccava, alternando succhiate profonde a leccate alla cappella, per poi massaggiare e leccare le palle, mettendosele entrambe in bocca e titillandole con la lingua, per poi riprendere tutto in bocca il cazzo fino alla gola, succhiando e pompando a ritmo sempre più intenso e veloce, quasi che il cazzo lo stesse sfamando. La tuta intanto stava scivolando sempre di più, scoprendo quel culo così maschio che faceva impazzire Riccardo.
“Davvero buono questo cazzone!”. Riccardo gli afferrò la testa e lo spinse ancor più a fondo, arrivando a scopargli la gola. Allungò una mano e gli toccò quel culo di marmo, scendendo lungo il solco fino a toccare il buco. Era completamente sudato, per cui non ebbe difficoltà ad infilarci un dito pur non essendo lubrificato. I mugolii di Luigi si fecero sentire, tanto che cominciò a leccare la cappella con una frenesia incredibile, e a mormore frasi apparentemente sconnesse. Quando Riccardo gli spostò la testa tirandolo per i capelli, il ragazzo aprì la bocca mostrando la lingua, e non ci pensò due volte a sputargli in gola, sibilando un “che gran troia che sei”.
Luigi passò al 'tu'.
“Ti prego… mi faresti sentire almeno la cappella nel culo? Solo la cappella… poi la tiri fuori e te la succhio a fondo”, e si girò, mettendosi a quattro zampe sul pavimento.
Riccardo si piegò, e gli piantò la cappella di botto, senza però fermarsi, aiutato dal sudore e dall’eccitazione del ragazzo, per cui entrò completamente dentro il suo culo, fino ai coglioni.
“Cappella molto grande, direi… beh, ormai che sei dentro, puoi anche scoparmi il culo… mi pareva avessi una gran voglia di sborrare pochi minuti fa…”.
Riccardo aveva già cominciato a scoparlo dopo che l’altro aveva pronunciato la parola ‘culo’, e lo montò a dovere come un forsennato, uscendo spesso da quel culo, per poi ripiantare tutto il cazzo dentro, allargando quel bel culo da maschio e scopandolo con foga, finché non sentì il basso ventre vibrare ed accelerò le stantuffate. Stava colando dal caldo, ed il suo sudore cadeva gocciolando sulla schiena del ragazzo.
“Sborrami tutto dentro il culo, non ne deve uscire nemmeno una goccia, voglio tutta la tua sborra calda dentro di me”.
Riccardo non capiva più nulla ormai: sembrava quasi una macchina da quanto scopava velocemente, una sorta di trapano sessuale che stava martoriando quel gran culo. Sborrò a lungo continuando a scoparlo, facendo attenzione a non uscire, e si fermò solo quando l’ultima gittata uscì dal suo cazzo, piantandolo a fondo in culo e appoggiandosi con le braccia sulla schiena di Luigi, madida dei sudori di entrambi.
Non appena lo tirò fuori dal culo, Luigi si girò e glielo prese in bocca, pulendoglielo con la lingua ed assaggiando i rimasugli di sborra.
“Mmm proprio buona, anzi, buonissima!”. Si tirò su i pantaloni e si richiuse la tuta fino a metà, tornando di là in cucina. Riccardo lo seguì, completamente nudo, gocciolante di sudore.
“L’intervento costa € 150, con lo sconto prima volta € 100. Fattura via e-mail va bene?”.
Riccardo lo guardò stupito, poi si ricordò della pompa di calore e del conto da saldare.
“Ma funziona almeno? Io sto morendo di caldo”.
“Se non l’accendi…”.
“Ma come… non l’ha provata tuo zio?!”.
“No, lui ha solo installato il pezzo di ricambio… la verifica spettava a me…”.
Col telecomando accese il condizionatore, che partì settato a 20 gradi. L’aria fredda uscì imperiosa, rinfrescando quei corpi sudati.
Riccardo tirò un sospirò di sollievo, appoggiandosi al banco della cucina. Consegnò due pezzi da 50 a Luigi, che lo ringraziò solerte.
“Bene, il mio compito termina qui. Se vi sono altri problemi, non esiti a chiamare”.
Il ragazzo continuava a rivolgersi in maniera formale, nonostante la scopata.

Durante la pausa caffè del lunedì mattina, Riccardo stava ancora pensando a quanto successo, quando la sua collega si avvicinò.
“Allora, è stato bravo Luigi? È giovane, ma è molto in gamba”.
“Sì, sì, tutto sistemato… finalmente si respira in casa!”. Soffiò sul caffè bollente prima di berne un po’.
“Bene, mi fa piacere! Mi aveva detto sabato sera che da lei faceva un caldo atroce!”. Riccardo stava per dirle che non avevano nemmeno quindici anni di differenza, per cui il ‘lei’ era evitabile, ma l’accenno al sabato sera lo aveva incuriosito.
“Hai avuto problemi anche tu col condizionatore?!”.
“No, no, per fortuna! Luigi controlla sempre tutto... sa, è il mio ragazzo, stiamo assieme da quando andavamo al liceo!”.
Riccardo quasi sputò il caffè che stava bevendo.
“Ma pensa! Fortunata ad avere chi sistema tutto in casa!”.
“Vero, anche se suo zio è più bravo”, disse ridendo maliziosamente.
Riccardo la guardò con un sorriso beota, e tornò nel suo ufficio, pensando che forse lo zio si scopava sia il nipote che la ragazza del nipote, scatenando un’erezione involontaria ed incontrollabile.
Impostò l’aria condizionata a 16 gradi, sperando che la pompa di calore si guastasse...

P.S. Vi ricordo che, essendo un racconto, fatti e persone sono puramente frutto della mia fantasia.
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